La celiachia è una malattia autoimmune, e non va confusa con l’intolleranza al glutine né con un’allergia. Si stima che in Europa ne soffra un individuo su 200, ma tuttavia questi sono dati approssimativi, poiché è una malattia silente, che può essere diagnosticata in maniera certa solo dopo biopsia intestinale.

Nel soggetto celiaco si ha l’appiattimento e la conseguente scomparsa dei villi intestinali: questo porta ad una diminuzione dell’efficienza di assorbimento intestinale (e quindi a uno stato di malnutrizione). La celiachia è una malattia da auto-accumulo, la distruzione delle cellule della parete intestinale avviene nel tempo a causa del glutine accumulato: seguendo una dieta gluten-free (priva di glutine) è possibile recuperare la funzionalità dell’intestino.

La celiachia è definita da due fattori:

  1. Consumo delle proteine tossiche: le proteine tossiche sono presenti nell’intera famiglia delle Triticaes (frumento, segale, farro, orzo…). Questi cereali contengono una sequenza di 33 amminoacidi molto particolare: presenta un motivo ripetuto di amminoacidi contenente una prolina, una glutammina e un amminoacido idrofobico. Queste sequenze sono riconosciute dalle cellule T del sistema immunitario e scatenano risposta immunitaria (e non hanno nulla a che vedere con le sequenze che determinano allergia!).

Queste sequenze ripetitive sono quelle che conferiscono al glutine le sue proprietà specifiche, e questo ha portato, negli anni, a selezionare le specie botaniche più ricche di queste sequenze, in quanto sono più lavorabili.

 

  1. Predisposizione: chiaramente, non tutti siamo sensibili al glutine. La celiachia dipende infatti non solo dal consumo di cereali che contengono le sequenze tossiche, ma anche da una predisposizione genetica, ovvero dal proprio sistema immunitario. La predisposizione alla celiachia è legata al complesso maggiore di istocompatibilità II (MHC-II) della lamina propria dell’intestino tenue, per la precisione agli antigeni leucocitari umani (HLA) di tale complesso: DQ2 e DQ8 predispongono allo sviluppo della patologia.

 

Andando ancora più nel dettaglio, andiamo a vedere cosa succede quando un soggetto che soffre di celiachia ingerisce alimenti contenenti glutine.

Lungo l’apparato digerente produciamo fisiologicamente degli enzimi in grado di agire sulle proteine alimentari. Uno di questi è la tripsina, un enzima secreto dal pancreas. Compito della tripsina è quello di digerire le proteine provenienti dall’alimentazione: è in grado di ridurle in peptidi o in amminoacidi, ed è specifica per gli amminoacidi basici.

Quando nell’intestino tenue arrivano le proteine del glutine, che presentano le sequenze tossiche di 33 amminoacidi, la tripsina prova a romperli, ma non riesce, a causa della presenza della prolina, che è molto ingombrante, vicino all’amminoacido bersaglio (la glutammina).

Di conseguenza la tripsina, non riuscendo ad agire sulla glutammina, taglia poco prima, ovvero prima della prolina: questo causa la formazione di tanti peptidi tossici a livello intestinale, che costituiscono proprio le sequenze causative della celiachia. In presenza di stato infiammatorio inoltre, questi peptidi possono anche attraversare la barriera intestinale.

Allo stesso tempo a livello intestinale agisce anche un altro enzima, la transglutaminasi tissutale, che agisce deamminando il residuo di glutammina, generando quindi glutammato e NH4+. In questo modo si ha una diversa distribuzione di cariche sul peptide tossico, perché la glutammina non è carica, ma il glutammato ha una carica negativa, e questa condizione gli consente di essere riconosciuto dal MHC-II delle cellule della lamina propria. Il peptide viene quindi riconosciuto dai linfociti CD4+.

Il riconoscimento del peptide determina la produzione di citochine pro-infiammatorie, anticorpi IgA contro la transglutaminasi, anticorpi IgA contro i peptidi deaminati e anticorpi IgA contro le cellule intestinali (e questo porta a necrosi intestinale).

 

Per info e approfondimenti:

info@alimentazionefutura.it

 

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